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lunedì 20 gennaio 2014

IL 27 GENNAIO E' IL GIORNO DELLA MEMORIA... OLOCAUSTO... SHOAH.


 L'Olocausto in quanto genocidio degli ebrei è chiamato, più correttamente, con il nome di Shoah (in lingua ebraica). La parola "Olocausto" deriva dal greco ὁλόκαυστος (olokaustos, "bruciato interamente", a sua volta composta da ὅλος (olos, "tutto intero") e καίω (kaio, "brucio") ed era inizialmente utilizzata ad indicare la più corretta forma di sacrificio prevista dalgiudaismo. aica: השואה, HaShoah, "catastrofe", "distruzione".
Primo Levi
Nato il 31 luglio del 1919 a Torino, da genitori di religione ebraica, Primo Levi si diploma nel 1937 al liceo classico Massimo D’Azeglio e si iscrive al corso di laurea in chimica. Riesce a laurearsi nel 1941 , a pieni voti e con lode ma sul diploma di laurea figura la precisazione: "di razza ebraica". Comincia così la sua carriera di chimico, che lo porta a vivere a Milano, fino all’occupazione tedesca. Il 13 dicembre del 1943 viene catturato  e successivamente trasferito al campo di raccolta di Fossoli dove comincia la sua odissea. Nel giro di poco tempo, infatti, il campo viene preso in gestione dai tedeschi, che deportano tutti i prigionieri ad Auschwitz. È il 22 febbraio del '44:  questa data che nella vita di Levi segnerà  il confine tra "prima" e "dopo". "Avevamo appreso con sollievo la nostra destinazione. Auschwitz: un nome privo di significato, allora e per noi".  Ad Auschwitz, di fretta e sommariamente, viene effettuata una vera e propria selezione: «In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in gruppo. Quello che accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire allora né dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente» . Primo Levi è deportato a Monowitz, uno dei campi della grande organizzazione di sterminio del "lager" di Auschwitz,  i cui prigionieri sono al servizio di una fabbrica di gomma.  Si ritrovano in pochissimo tempo rasati, tosati, disinfettati  e costretti a indossare la divisa a righe del campo. Su ogni casacca c’è un numero cucito sul petto. Dietro quel numero non c’è più un uomo, ma solo un oggetto: Levi è l’häftling (prigioniero)  174517. Funzionante. Se funziona, va avanti. Se si rompe, è gettato via. Primo Levi è tra i pochissimi a far ritorno dai lager.  Quale testimone di tante atrocità, sente il dovere di raccontare, evocare l’indescrivibile, affinchè tutti sappiano, tutti si domandino "perché", tutti interroghino la propria coscienza: comincia a scrivere, elaborando così il suo dolore, l'annientamento, l'avventuroso ritorno a casa. Nel '47 il manoscritto Se questo è un uomo, rifiutato dalle più grandi case editrici è pubblicato dalla De Silva. Nel 1958 con l'uscita presso Einaudi il libro diventerà una delle più conosciute e apprezzate testimonianze sull'industria della morte nazista.

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