Pagine

lunedì 31 marzo 2014

IL PRECETTO PASQUALE ... GLI ALTRI PRECETTI.

INIZIAMO CON LA PREGHIERA ...

SALMO 18

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.
Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.
   I cinque precetti generali della Chiesa 
  1. Partecipare alla Messa domenicale e le altre feste di precetto.
  2. Santificare i giorni di penitenza, come dispone la Chiesa.
  3. Confessarsi almeno una volta all’anno e comunicarsi almeno nel periodo pasquale.
  4. Soccorrere alle necessità della Chiesa, contribuendo secondo le leggi e le usanze.
  5. Non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti (quaresima e avvento)

mercoledì 26 marzo 2014

ALTRI SIMBOLI PASQUALI ...

L’Agnello
Nella tradizione cristiana a Pasqua si mangia l’agnello, perché nella sua simbologia ci ricorda il sacrificio di Gesù in croce, la sua passione, perché fu “immolato come un’agnello.
L’agnello noi tutti sappiamo essere un animale mansueto e la sua immagine ci ricorda appunto l’innocenza e simboleggia perfettamente la pazienza, la mansuetudine e l’innocenza di Cristo che viene “condotto al macello” e immolato per noi sul legno della Croce, al posto nostro, in obbedienza al Padre per la salvezza di tutta l’umanità.
Ma la simbologia affonda le sue radici nella tradizione Ebraica perchè ci ricorda, nell’antico testamento, il sacrificio di Isacco, che per noi è immagine di Cristo, da parte di Abramo, sacrificio che grazie alla sua fede non fù consumato (al suo posto venne ucciso un ariete); inoltre ci ricorda anche l’esodo, perché nell’ultima piaga il Signore dà ordine a Mosè di spargere il sangue  di un agnello sugli spipiti delle porte della case degli ebrei, di modo che l’angelo della morte vedendolo non sarebbe entrato.


lunedì 24 marzo 2014

I simboli della Pasqua...









Nelle celebrazioni liturgiche di Pasqua tre elementi sorgono a simbolo di questa festività: il fuoco, l'acqua e il cero pasquale.

Il FUOCO
Simbolo fondamentale nella liturgia cristiana, il fuoco è la massima espressione del trionfo della luce sulle tenebre, del calore sul freddo e della vita sulla morte. Durante la ricorrenza pasquale questo simbolo raggiunge la massima celebrazione attraverso il rito del fuoco nuovo e dell’accensione del cero. Nella notte di Pasqua, un fuoco viene acceso fuori la chiesa, intorno ad esso si raccolgono i fedeli e proprio da questo fuoco viene acceso il cero pasquale
L'ACQUA
E' l’elemento che purifica ed il mezzo attraverso il quale si compie il Battesimo. La notte di Pasqua è la notte battesimale per eccellenza, il momento in cui il fedele viene incorporato alla Pasqua di Cristo, che rappresenta il passaggio dalla morte alla vita. Nelle altre domeniche in cui si compie questo sacramento è come se si prolungasse e rinnovasse settimanalmente la domenica per eccellenza, la Festa di Pasqua.
IL CERO
 cero pasquale è il simbolo di Cristo, vera luce che illumina ogni uomo. La sua accensione rappresenta la resurrezione di Cristo, la nuova vita che ogni fedele riceve da Cristo e che, strappandolo alle tenebre, lo porta nel regno della luce assieme agli angeli. Dopo l'accensione del cero con il fuoco nuovo una processione lo accompagna all’interno della Chiesa. Questa processione di fedeli simboleggia il nuovo popolo di Dio, che segue Cristo risorto, luce del mondo.





mercoledì 19 marzo 2014

Don Peppe Diana... Simbolo dell'anticamorra.



BREVE BIOGRAFIA DI DON GIUSEPPE DIANA 

Il Tavolo ecclesiale sul servizio civile ha scelto, accanto a De Gasperi, un’altra figura 
rappresentativa per la giornata di San Massimiliano: don Peppino Diana. 
Giuseppe Diana nasce a Casal di Principe da una famiglia di proprietari terrieri. 
Nel 1968 entra in seminario, vi frequenta la scuola media e il liceo classico. Successivamente 
intraprende gli studi teologici nel seminario di Posillipo, sede della Pontificia facoltà teologica 
dell'Italia Meridionale. Qui si licenzia in Teologia biblica e poi laurea in Filosofia alla Federico II. 
Nel 1978 entra nell'Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI) dove fa il caporeparto. 
Nel marzo 1982 è ordinato sacerdote. Diventa Assistente ecclesiastico del Gruppo Scout di Aversa 
e successivamente anche Assistente del settore Foulards Bianchi. 
Dal 19 settembre 1989 era parroco della parrocchia di San Nicola di Bari in Casal di Principe, suo 
paese natio. Successivamente diventa anche segretario del vescovo della diocesi di Aversa, 
monsignor Giovanni Gazza. 
Insegnava anche materie letterarie presso il liceo legalmente riconosciuto del seminario Francesco 
Caracciolo, nonché religione cattolica presso l'istituto tecnico industriale statale Alessandro Volta di 
Aversa. 
Don Giuseppe Diana fu ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 nella sua chiesa, mentre si accingeva 
a celebrare messa. 
La sua morte non è stata solo la scomparsa di una persona vitale, di un capo scout energico, di un 
insegnante generoso, di un testimone d'impegno civile: uccidere un prete, ucciderlo nella sua 
Chiesa, ucciderlo mentre si accingeva a celebrare messa, è diventato l'emblema della vita, della 
fede, del culto violati nella loro sacralità. 
E' stato il simbolo dell'apice cui può giungere la barbarie camorrista sui nostri territori. 
Il messaggio, l'impegno e il sacrificio di don Giuseppe Diana non possono essere dimenticati. 
Uno dei suoi testamenti spirituali è il documento contro la camorra "Per Amore del mio popolo", 
scritto nel 1991 insieme ai sacerdoti della Forania di Casal di Principe; un messaggio di rara 
intensità e, purtroppo, di grande attualità. 
Non dimenticare don Giuseppe Diana significa non solo ricordarlo per quello che era, ma 
soprattutto testimoniare quotidianamente il suo messaggio d'impegno civile, di lotta alla criminalità 
organizzata, di costruzione di giustizia sociale nelle comunità locali, d'amore per la propria terra. 
C'è ancora bisogno di amare la nostra terra ed il nostro popolo. C'è ancora bisogno di non 
dimenticare il messaggio, l'impegno e il sacrificio di don Giuseppe Diana.

Duomo di Milano 2011 - Rito della Nivola e santo Chiodo - Vespri Esalta...

lunedì 17 marzo 2014

I SACRI CHIODI ...




Altare del Sacro Chiodo a Colle Val d'Elsa (Siena)
Le reliquie dei Sacri Chiodi (o Santi Chiodi) sono tre (o quattro) e corrispondono ai chiodi che, secondo la tradizione, sono stati utilizzati durante la Crocifissione di Gesù.[1] Tra le più preziose del mondo cristiano, assieme alla Vera Croce e al Titulus crucis, si trovano da secoli in Italia, sparse in varie sedi. I Sacri Chiodi, al pari della Croce, vennero secondo la tradizione rinvenuti da sant'Elena Imperatrice durante il suo viaggio in Terrasanta nel 327-328. Elena lasciò la croce a Gerusalemme, portando invece con sé i chiodi: tornata a Roma, con uno di essi creò un morso di cavallo, e ne fece montare un altro sull'elmo del figlio Costantino I, affinché l'imperatore ed il suo cavallo fossero protetti in battaglia. Ad essi si accenna per la prima volta il 25 febbraio 395 in un'orazione di sant'Ambrogio. Dell'esistenza delle reliquie parlò anche in una missiva con l'imperatore Teodosio.
Le reliquie si trasmisero ai discendenti dell'imperatore. San Gregorio di Tours parlò invece di quattro chiodi, citandone uno che fu immerso nel mare per calmare una tempesta. Nel VI secolo si trova una documentazione a Costantinopoli della venerazione di più santi chiodi, forse gli originali, forse derivazioni fatte secondo le consuetudini dell'epoca, usando una parte della reliquia originale e aggiungendovi una parte nuova a formare una replica. Le vicende successive delle reliquie si perdono nell'assenza di documentazione, restando solo varie tradizioni orali impossibili da verificare. La più antica menzione del Sacro Chiodo di Milano è del 1389, in cui si fa menzione di una richiesta a Giangaleazzo Visconti a vantaggio della cattedrale metropolitana, dove era riposto ab antiquo uno dei chiodi con cui fu crocifisso il Salvatore. La tradizione fa risalire la presenza del Chiodo a Milano dall'epoca di Ambrogio, ma esistono numerose altre ipotesi sul suo arrivo: messo in salvo spedendolo dopo la furia iconoclasta di Leone Isaurico (sec. VIII), o arrivato con le reliquie dei Magi deposti poi nella basilica di Sant'Eustorgio, o ancora donato al vescovo Arnolfo II da Ottone III; altri ancora ipotizzano che sia arrivato con le Crociate.
Il chiodo si trova ancora oggi sospeso sopra l'altare maggiore, attaccato alla chiave di volta, e secondo la tradizione è uno dei due provenienti dal morso del cavallo di Costantino I.
Il Sacro Chiodo è oggi conservato in una nicchia contenuta in una copia della serraglia in rame dorato con il rilievo del Padreterno (oggi nel Museo del Duomo). Anche se sospeso molto in alto, una luce rossa lo rende visibile da tutta la cattedrale. Il chiodo è prelevato dall'arcivescovo e mostrato ai fedeli ogni 3 maggio,festa dell'Invezione della Santa Croce" (cioè del ritrovamento della Croce), ora viene portato in processione il 14 settembre, festa dell'Esaltazione della Santa Croce. Per prelevare il chiodo dalla sua custodia viene utilizzata la seicentesca nivola, un curioso ascensore oggi meccanizzato. Il Sacro Chiodo di Roma si trova assieme alle reliquie della Croce nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme; secondo la tradizione sarebbe la seconda parte del morso del cavallo di Costantino. La storica Valeriana Maspero ritiene che la corona fosse il diadema montato sull'elmo di Costantino, dove il sacro chiodo era già presente. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, l'elmo di Costantino sarebbe stato portato a Costantinopoli, ma in seguito fu reclamato dal goto Teodorico il Grande, re d'Italia, il quale aveva a Monza la sua residenza estiva. I bizantini gli inviarono il diadema trattenendo la calotta dell'elmo. Esso sarebbe poi stato montato dentro la Corona ferrea: in realtà analisi recenti hanno dimostrato che l'anima della corona è d'argento, anziché di ferro, per cui è alquanto inverosimile che si tratti della reliquia, sebbene possa trattarsi di una reliquia per contatto.
 Un quarto chiodo, quello che avrebbe tenuto la scritta "INRI" (per questo è piegato a "L"), si troverebbe nella cattedrale di Colle Val d'Elsa in provincia di Siena. Esso venne acquistato nel 1357 dall'ospedale di Santa Maria della Scala tramite un intermediario fiorentino come proveniente dal palazzo imperiale di Costantinopoli. Già conservato nella Cappella del Sacro Chiodo, venne poi donato alla con-cattedrale di Colle quando vennero potenziate le strutture ospedaliere di Santa Maria della Scala.

domenica 9 marzo 2014

LA VIA CRUCIS...

La Via Crucis (dal latino, Via della Croce - anche detta Via Dolorosa) è un rito della Chiesa cattolica con cui si ricostruisce e commemora il percorso doloroso di Cristo che si avvia alla crocifissione sul Golgota. L'itinerario spirituale della Via Crucis è stato in tempi recenti completato con l'introduzione della Via Lucis — che celebra i misteri gloriosi, ovvero i fatti della vita di Cristo tra la sua Risurrezione e la Pentecoste. Alcuni fanno risalire la storia di questa devozione alle visite di Maria, madre di Gesù, presso i luoghi della Passione a Gerusalemme, ma la maggior parte degli storici riconosce l'inizio della specifica devozione a Francesco d'Assisi o alla tradizione francescana.
Intorno al 1294Rinaldo di Monte Crucis, frate domenicano, racconta la sua salita al Santo Sepolcro "per viam, per quam ascendit Christus, baiulans sibi crucem", per varie tappe, che chiama stationes: il luogo della condanna a morte di Gesù, l'incontro con le pie donne, la consegna della croce a Simone di Cirene, e gli altri episodi della Passione fino alla morte di Gesù sulla Croce.
Originariamente la vera Via Crucis comportava la necessità di recarsi materialmente in visita presso i luoghi dove Gesù aveva sofferto ed era stato messo a morte. Dal momento che un tale pellegrinaggio era impossibile per molti, la rappresentazione delle stazioni nelle chiese rappresentò un modo di portare idealmente a Gerusalemme ciascun credente. Le rappresentazioni dei vari episodi dolorosi accaduti lungo il percorso contribuivano a coinvolgere gli spettatori con una forte carica emotiva.
Tale pratica popolare venne diffusa dai pellegrini di ritorno dalla Terra santa e principalmente dai Minori Francescani che, dal 1342, avevano la custodia dei Luoghi Santi di Palestina. Inizialmente laVia Crucis come serie di quattordici "quadri" disposti nello stesso ordine (vedi il capitolo seguente) si diffonde in Spagna nella prima metà del XVII secolo e venne istituita esclusivamente nelle chiese dei Minori Osservanti e Riformati. Successivamente Clemente XII estese, nel 1731, la facoltà di istituire la Via Crucis anche nelle altre chiese mantenendo il privilegio della sua istituzione al solo ordine francescano.
Uno dei maggiori ideatori e propagatori della Via Crucis fu San Leonardo da Porto Maurizio, frate minore francescano che ne creò personalmente alcune centinaia. Al fine di limitare la diffusione incontrollata di tale pratica devozionale, Benedetto XIV ricorse poco dopo ai ripari stabilendo, nel 1741, che non vi potesse essere più di una Via Crucis per parrocchia.
La collocazione delle stazioni all'interno della chiesa doveva rispondere a norme di simmetria ed equidistanza: il corretto espletamento delle pratiche devozionali consentiva di acquisire le stesse indulgenze concesse visitando tutti i Luoghi Santi di Gerusalemme.
Oggi tutte le chiese cattoliche dispongono di una "via dolorosa", o almeno di una sequenza murale interna. Il numero e nomi delle stazioni cambiarono radicalmente in diverse occasioni nella storia della devozione, sebbene l'elenco corrente di quattordici stazioni ora sia quasi universalmente accettato. L'ordine lungo le pareti non segue una regola precisa, può infatti essere indifferentemente orario o antiorario. Secondo un documento della diocesi di Nanterre "l'ordine più diffuso è quello antiorario, ma non c'è una regola generale". Le Stazioni della Via Crucis che è arrivata a noi come tradizionale sono le seguenti:
  1. Gesù è condannato a morte 
  2. Gesù è caricato della croce
  3. Gesù cade per la prima volta
  4. Gesù incontra sua Madre
  5. Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene
  6. Santa Veronica asciuga il volto di Gesù
  7. Gesù cade per la seconda volta
  8. Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme
  9. Gesù cade per la terza volta
  10. Gesù è spogliato delle vesti
  11. Gesù è inchiodato sulla croce
  12. Gesù muore in croce
  13. Gesù è deposto dalla croce
  14. Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro. A volte la Via Crucis viene terminata con una quindicesima stazione, la Risurrezione di Gesù. Chi la aggiunge lo fa nell'idea che la preghiera cristiana nella contemplazione della passione non può fermarsi alla morte, ma deve guardare al di là, allo sbocco di cui i Vangeli ci parlano, alla risurrezione.La tendenza è però quella di evitare tale stazione, e di limitarsi ad annunciare la risurrezione in una qualche riflessione o preghiera finale, in maniera che la Via Crucis rimanga una meditazione della passione. In molti paesi sta diventando tradizione celebrare la Via Lucis nel tempo pasquale, come meditazione gioiosa della risurrezione di Cristo.

domenica 2 marzo 2014

SACRE CENERI...


Con l'espressione Mercoledì delle Ceneri (o Giorno delle Ceneri o, più semplicemente, Le Sacre Ceneri), si intende il mercoledì precedente la prima domenica di Quaresima che, nelle chiese cattoliche di rito romano e in alcune comunità riformate, coincide con l'inizio stesso della Quaresima, ossia il primo giorno del periodo liturgico "forte" a carattere battesimale e penitenziale in preparazione della Pasqua cristiana. In tale giornata, pertanto, tutti i cattolici dei vari riti latini sono tenuti a far penitenza e ad osservare il digiuno e l'astinenza dalle carni. Proprio in riferimento a queste disposizioni ecclesiastiche sono invalse alcune locuzioni fraseologiche come carnevale (dal latino carnem levare, cioè "eliminare la carne")[1] o martedì grasso (l'ultimo giorno di carnevale, appunto, in cui si può mangiare "di grasso").
La parola "ceneri" richiama invece in modo specifico la funzione liturgica che caratterizza il primo giorno di Quaresima, durante la quale il celebrante sparge un pizzico di cenere benedetta[2] sul capo o sulla fronte dei fedeli per ricordare loro la caducità della vita terrena e per spronarli all'impegno penitenziale della Quaresima. Per questo il rito dell'imposizione delle ceneri prevede anche la pronuncia di una formula di ammonimento, scelta fra la tradizionale «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai»[3] o la più recente «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15), introdotta dalla riforma liturgica del Concilio Vaticano II con riferimento all'inizio della predicazione di Gesù. Il Mercoledì delle Ceneri ricorre quaranta giorni prima della Pasqua, escludendo però dal conteggio le domeniche (che non sono mai state considerate giorni di digiuno); ricorre quarantaquattro giorni prima del Venerdì Santo se si includono anche le domeniche (per questo il rito ambrosiano, come del resto quello bizantino, riporta a 40 i giorni totali della Quaresima facendola iniziare 4 giorni dopo). Essendo basata direttamente sul calcolo della Pasqua, la sua data cade quindi in un giorno diverso ogni anno, compreso in un periodo che va all'incirca dall'inizio di febbraio alla prima decade di marzo (più esattamente, nel rito latino, dal 4 febbraio al 10 marzo).